Istituto Superiore di sanità – La sanificazione di strutture non sanitarie

Pubblicato in data: 20 maggio 2020

di Alessandro Maria Di Giulio

STRUTTURE NON SANITARIECon il documento “Raccomandazioni ad interim sulla sanificazione di strutture non sanitarie nell’attuale emergenza COVID-19: superfici, ambienti interni e abbigliamento – Versione del 15 maggio 2020″ l’Istituto Superiore di Sanità ha inteso importante definire i confini tra i  prodotti registrati e altri principi attivi che non hanno completato l’iter di valutazione e che non possono vantarne l’efficacia disinfettante e che vengono definiti “Sanitizzanti”. Il rapporto ha voluto dettagliare, per quanto allo stato delle attuali conoscenze, i prodotti e le tecniche che si possono impiegare per la sanificazione delle “strutture non sanitarie”. Per le strutture sanitarie i prodotti disinfettanti sono stati infatti già ampiamente codificati nelle note del Gruppo di lavoro ISS Ambiente e Qualità dell’aria indoor.Indicazioni ad interim per la prevenzione e gestione degli ambienti indoor in relazione alla trasmissione dell’infezione da virus SARS-CoV-2. Versione del 21 aprile 2020.
Il documento ribadisce il concetto che I prodotti che vantano un’azione disinfettante battericida, fungicida, virucida o una qualsiasi altra azione tesa a distruggere, eliminare o rendere innocui i microrganismi tramite azione chimica, ricadono in due distinti processi normativi: quello dei Presidi Medico-Chirurgici (PMC) e quello dei biocidi.”
Bisogna ricordare i tre punti fermi per il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV2: 

  • garantire sempre un adeguato tasso di ventilazione e ricambio d’aria; 

  • pulire accuratamente con acqua e detergenti neutri superfici, oggetti, ecc.; 

  • disinfettare con prodotti adatti, registrati e autorizzati.

In considerazione della potenziale capacità del virus SARS-CoV-2 di sopravvivere sulle superfici, è buona norma procedere frequentemente e accuratamente alla sanificazione (pulizia e/o disinfezione) delle superfici, operazioni che devono essere tanto più accurate e regolari per superfici ad alta frequenza di contatto (es. maniglie, superfici dei servizi igienici, superfici di lavoro, cellulare, tablet, PC, occhiali, altri oggetti di uso frequente)”

La scelta fra i disinfettanti autorizzati, come indicato nel documento, si basa “sui presidi medico chirurgici e biocidi del Gruppo di lavoro ISS Biocidi COVID-19, e sono l’etanolo, i sali di ammonio quaternario (es. cloruro di didecil dimetil ammonio – DDAC, cloruro di alchil dimetilbenzilammonio, ADBAC), il perossido d’idrogeno, il sodio ipoclorito e altri principi attivi

Procedure per la sanificazione

Il documento entra quindi nella disamina di “interventi particolari o periodici di pulizia” e introduce il termine di prodotti “sanitizzanti” con sistemi di generazione in situ. Si descrive infatti il possibile impiego dei principi attivi generati in situ in fase di valutazione come “biocida” come il cloro attivo generato per elettrolisi dal cloruro di sodio. Altro prodotto in fase di valutazione come “biocida” è l’ozono, generato in situ a partire da ossigeno. Altro sistema è rappresentato dal trattamento con raggi UV a bassa lunghezza d’onda (220 nm) e la vaporizzazione/aerosolizzazione del perossido di idrogeno.

Il documento definisce Pertanto, in questa fase, l’ozono può essere considerato un “sanitizzante”. Tra le altre indicazioni si indica che In condizioni reali il tempo di decadimento naturale necessario per rendere accessibili i locali è di almeno 2 ore” e di Evitare di eliminare l’ozono residuo ricorrendo alla ventilazione forzata per convogliarlo in ambiente esterno” .

Si riporta che Sulla base della normativa CLP e REACH (34,35) i registranti hanno classificato, in regime di autoclassificazione, l’ozono come: sostanza che può provocare o aggravare un incendio; letale se inalata, provoca gravi ustioni cutanee e gravi lesioni oculari, provoca danni agli organi in caso di esposizione prolungata o ripetuta per via inalatoria, molto tossica per l’ambiente acquatico con effetti di lunga durata. Alcuni notificanti identificano l’ozono come sospetto mutageno. Le autorità competenti tedesche hanno manifestato nel 2016 a ECHA l’intenzione di proporre per l’ozono una classificazione ed etichettatura armonizzate anche come mutageno di categoria 2 e cancerogeno di categoria 21. Pertanto, prima di ricorrere all’utilizzo di tale sostanza per il trattamento di locali è necessario valutare il rischio di esposizione sia degli addetti alle operazioni di sanificazione sia del personale che fruisce dei locali sanificati. Gli operatori devono essere addestrati ed esperti e provvisti di idonei dispositivi di protezione individuale (DPI). Alla luce di quanto sopra non è pertanto indicato per uso domestico.”

Il documento che continua sulla disanima di altre tecniche, come l’impiego della radiazione ultravioletta e del perossido di idrogeno ribadisce quindi, come riportato nel diagramma di flusso divulgativo, che l’azione di disinfezione va effettuata esclusivamente con i prodotti che rientrano tra i presidi medico chirurgici e i biocidi, mentre se non bisogna disinfettare, dopo la pulizia si possono impiegare i prodotti igienizzanti/sanitizzanti tra i quali rientrano con la presente nota, oltre ai prodotti indicati dal Ministero della Salute a base di ipoclorito di sodio, etanolo etc, anche il cloro attivo, l’ozono.

Per approfondire la notizia:
Rappporto ISS COVID-19 n. 25_2020 STRUTTURE NON SANITARIE

PRODOTTI DISINFETTANTI1