Albero della morte cure e rimedi

Albero della morte-02

Albero della mortedi Aldo Ranfa

Cosa fare in caso di ingestione

L’ingestione accidentale dei germogli e dei semi può portare a severe conseguenze come vomito, diarrea, dolori addominali, alterazioni visive, eccitazione, disturbi circolatori, fino alla morte. Sembra che il decotto di 100 g di foglie può portare alla morte. I soggetti più esposti all’avvelenamento sono i bambini attratti dal colore rosso dell’arillo dove internamente si cela il seme. La parte esterna dell’arillo, ricca di zuccheri, è l’unica parte edule della pianta.
Rivolgersi immediatamente dal medico e, in casi particolarmente gravi, è bene contattare un Centro Antiveleni.

Caratteristiche di tossicità

I composti tossici presenti sono soprattutto alcaloidi come la taxina ed altri alcaloidi minori, oltre al glucoside taxicatina.

LIVELLO DI TOSSICITA': ALTO

Parte tossica della pianta: Tutta la pianta (foglie), semi
Periodo di tossicità: Da luglio ad ottobre.

I casi più frequenti

I soggetti più esposti all’avvelenamento sono i bambini attratti dal colore rosso dell’arillo dove internamente si cela il seme. La parte esterna dell’arillo, ricca di zuccheri, è l’unica parte edule della pianta.
L’ingestione accidentale dei germogli e dei semi può portare a severe conseguenze come vomito, diarrea, dolori addominali, alterazioni visive, eccitazione, disturbi circolatori, fino alla morte. Sembra che il decotto di 100 g di foglie può portare alla morte.

Cosa fare

In caso di ingestione dei semi rivolgersi immediatamente al più vicino Pronto Soccorso.

Albero della morte prevenzione e controllo

Albero della morte-02

Albero della mortedi Aldo Ranfa

Come prevenire le intossicazioni

Non mettere in bocca frutti o altre parti di piante spontanee che no siano di uso comune

Infestazione nei nostri orti

L’approccio tipico che maggiormente si manifesta nel contatto con le specie vegetali spontanee e coltivate spesso si riduce a considerare le cromie, il portamento della pianta e la forma dei fiori e dei frutti. Si tratta di un approccio morfologico-sensoriale, ma di esse va anche valutato l’approccio fisiologico. La pianta è considerata ormai un laboratorio biochimico che continuamente produce metaboliti secondari utilizzati per interazioni varie con l’ambiente circostante. Tali metaboliti secondari di vario tipo hanno la capacità d’essere più o meno tossici per l’uomo in particolari momenti. Alcune di queste sostanze continuamente vengono di nuovo trasformate ed elaborate dalla pianta, altre sono accumulate negli organi di riserva della pianta stessa per essere poi messe a profitto in particolari situazioni fisiologiche. La produzione d’alcaloidi, per esempio, utile per la pianta durante la fase germinativa dei semi o nel momento di sviluppo degli apici vegetativi, si individua nei diversi organi della pianta ma, la concentrazione, viene influenzata da numerosi fattori come l’età della pianta, la stagione ed il periodo vegetativo. Molte delle piante velenose e/o tossiche sono comuni e spontanee in natura, lungo i margini delle strade, nei prati, nei boschi mentre, quelle coltivate si trovano nelle aree verdi urbane, pubbliche e private. Così nei parchi, nei giardini, nei parcheggi, nelle aree di sosta, lungo le strade queste piante, anche se ad una prima sbirciata riescono a suscitare un certo interesse per i colori vivaci o per la regolarità delle forme, possono nascondere insidie e inganni specialmente per i bambini che facilmente raccolgono ed ingeriscono frutti o foglie.

Monitoraggio

In Italia, data l’eterogeneità del territorio e relativa ricchezza in termini di biodiversità vegetale, esistono numerose specie vegetali spontanee tossiche e/o velenose ed anche quelle coltivate per ornamento sono consistenti. Mentre per quelle spontanee l’unica cosa da fare, in termini di prevenzione, resta quella di documentarsi sulla pericolosità o meno dell’intera pianta o delle varie parti di essa, per quelle coltivate va sottolineato che in Italia non esistono norme legislative per regolare la vendita di piante ornamentali. Per tale motivo l’uomo è scarsamente tutelato dai rischi di una esposizione accidentale con specie tossiche e/o velenose. In attesa di normative più precise cosa resta da fare:
Per le piante spontanee l’unica cosa da fare è quella di documentarsi sull’identità delle specie rinvenute e nel dubbio rivolgersi ad un esperto. E’ valida sempre la regola di utilizzare le piante o parti di essa solamente se è stata identificata con precisione.
Per le specie coltivate bisogna assicurarsi che sia presente il cartellino con l’identificazione precisa sulla pianta.
Per entrambi i gruppi di piante è valida la norma di educare i bambini a non mettere in bocca foglie o fiori o frutti di piante che non siano di uso comune.

Albero della morte

Albero della morte-02

Albero della morte

Il Taxus baccata L. o Albero della morte

oppure Libo, o Tasso comune
(Fam. Taxaceae)

di Aldo Ranfa

Vita da Albero della morte

Morfologia

Albero sempreverde, alta fino a 20 m con fusto eretto tendente a ramificarsi fin dalla base. E’ una specie dioica, cioè con strobili maschili e strobili femminili portati da individui diversi.. Le foglie, disposte in due file opposte, sono di colore verde-scuro, con lamina lineare, lucida di sopra e ad apice acuto. Gli strobili maschili, di colore giallo, sono solitari o in spiga. Gli strobili femminili, isolati all’ascella delle foglie, sono costituiti da un unico ovulo. Il seme, duro, (non c’è frutto in questa specie), è circondato da un involucro carnoso, chiamato arillo, di colore rosso e molto appetito dagli uccelli che ne consentono la disseminazione. Fiorisce da aprile a maggio.

Ecologia e distribuzione

Il Tasso comune, non è molto frequente in Italia spontaneamente, è presente da 300 a 1.600 m s.l.m. I suoi ambienti di sviluppo spontaneo sono le faggete su suoli preferibilmente calcarei. In tempi antichi era una specie diffusissima ma oggi, dato lo sfruttamento da parte dell’uomo in tempi relativamente recenti per l’utilizzo del suo pregiato legno e come pianta ornamentale, il suo areale si è ristretto notevolmente.

Curiosità

Il nome del genere deriva dal termine greco “taxos=tasso dei boschi”, che voleva mettere in evidenza la posizione ordinata delle foglie ma, alcuni autori, sostengono che possa derivare da “taxon=arco, freccia”, per l’elasticità del suo legno che si prestava molto bene ad essere usto per archi e frecce. Il nome dell’aggettivo specifico deriva dal latino “baccatus=a forma di bacca”, alludendo alla presenza del falso frutto (arillo) simile ad una vera bacca. Il nome comune dà rilievo al pericolo mortale che riveste la piana e l’uso che in epoca medievale si faceva del suo legno per costruire bare.

Usi popolari e rimedi

Data l’alta pericolosità, difficilmente viene utilizzata per usi popolari, pur avendo potenzialmente azione emolliente, spasmolitica e stimolante. Recentemente, ricercatori americani e francesi, hanno scoperto, in concentrazioni elevate, la presenza di taxolo nella corteccia e nelle foglie del Tasso del Pacifico (Taxus brevifolia Nutt.); questo composto sembra essere capace di bloccare il proliferare delle cellule tumorali in alcune forme di cancro. Purtroppo, data la concentrazione minima di questo composto nella corteccia e nelle foglie, l’estrazione è assolutamente antieconomica e, pertanto si raggiungono gli stessi scopi con la produzione di sintesi dello stesso principio attivo con l’ausilio delle biotecnologie.

Bibliografia

  • Bulgarelli G., Flamigni S., 2014 – Le piante tossiche e velenose. Hoepli Editore, Milano.
  • Leporatti M.L., Posocco E., 1996 – Piante pericolose. Japadre Editore. L’Aquila
  • Ranfa, A., 2014 – Piante amiche e nemiche dell’uomo. 2a Edizione. Ali&no Editrice, Città di Castello, Perugia.
  • Stary F., Berger Z., 1987 – Piante velenose. Istituto Geografico De Agostini, Novara
  • Woodward L., 1985 – Piante velenose. Priuli & Verlucca Editori.

Sitografia