Berretto del prete cure e rimedi

Berretto del prete-04

Berretto del pretedi Aldo Ranfa

Cosa fare in caso di ingestione

Particolarmente tossica per ingestione dei suoi frutti che, dopo 12-16 ore dall’ingestione, possono provocare nausea, vomito, dolori addominali, diarrea e, nei casi gravi, anche complicazioni cardio-circolatorie. In questo caso non indurre il vomito e sentire il medico che somministrerà carbone attivo per bocca se il paziente è sveglio. In caso di casi particolarmente gravi è bene contattare un Centro Antiveleni

Caratteristiche di tossicità

In tutta la pianta, ma soprattutto nei frutti, sono presenti glucosidi cardiotonici oltre ad altre sostanze meno tossiche come alcaloidi e saponine.

LIVELLO DI TOSSICITA': MEDIO

Parte tossica della pianta: Frutti, tutta la pianta
Periodo di tossicità: Da aprile a ottobre

I casi più frequenti

I bambini possono essere attratti dai bei frutti che sono particolarmente tossici che se ingeriti possono provocare, dopo 12-16 ore dall’ingestione, nausea, vomito, dolori addominali, diarrea e, nei casi gravi, anche complicazioni cardio-circolatorie.

Cosa fare

Non indurre il vomito e rivolgersi al più vicino Pronto Soccorso

Berretto del prete prevenzione e controllo

Berretto del prete-04

Berretto del pretedi Aldo Ranfa

Come prevenire le intossicazioni

Non mettere in bocca frutti o altre parti di piante spontanee che non siano di uso comune

Infestazione nei nostri orti

L’approccio tipico che maggiormente si manifesta nel contatto con le specie vegetali spontanee e coltivate spesso si riduce a considerare le cromie, il portamento della pianta e la forma dei fiori e dei frutti. Si tratta di un approccio morfologico-sensoriale, ma di esse va anche valutato l’approccio fisiologico. La pianta è considerata ormai un laboratorio biochimico che continuamente produce metaboliti secondari utilizzati per interazioni varie con l’ambiente circostante. Tali metaboliti secondari di vario tipo hanno la capacità d’essere più o meno tossici per l’uomo in particolari momenti. Alcune di queste sostanze continuamente vengono di nuovo trasformate ed elaborate dalla pianta, altre sono accumulate negli organi di riserva della pianta stessa per essere poi messe a profitto in particolari situazioni fisiologiche. La produzione d’alcaloidi, per esempio, utile per la pianta durante la fase germinativa dei semi o nel momento di sviluppo degli apici vegetativi, si individua nei diversi organi della pianta ma, la concentrazione, viene influenzata da numerosi fattori come l’età della pianta, la stagione ed il periodo vegetativo. Molte delle piante velenose e/o tossiche sono comuni e spontanee in natura, lungo i margini delle strade, nei prati, nei boschi mentre, quelle coltivate si trovano nelle aree verdi urbane, pubbliche e private. Così nei parchi, nei giardini, nei parcheggi, nelle aree di sosta, lungo le strade queste piante, anche se ad una prima sbirciata riescono a suscitare un certo interesse per i colori vivaci o per la regolarità delle forme, possono nascondere insidie e inganni specialmente per i bambini che facilmente raccolgono ed ingeriscono frutti o foglie.

Monitoraggio

In Italia, data l’eterogeneità del territorio e relativa ricchezza in termini di biodiversità vegetale, esistono numerose specie vegetali spontanee tossiche e/o velenose ed anche quelle coltivate per ornamento sono consistenti. Mentre per quelle spontanee l’unica cosa da fare, in termini di prevenzione, resta quella di documentarsi sulla pericolosità o meno dell’intera pianta o delle varie parti di essa, per quelle coltivate va sottolineato che in Italia non esistono norme legislative per regolare la vendita di piante ornamentali. Per tale motivo l’uomo è scarsamente tutelato dai rischi di una esposizione accidentale con specie tossiche e/o velenose. In attesa di normative più precise cosa resta da fare:
Per le piante spontanee l’unica cosa da fare è quella di documentarsi sull’identità delle specie rinvenute e nel dubbio rivolgersi ad un esperto. E’ valida sempre la regola di utilizzare le piante o parti di essa solamente se è stata identificata con precisione.
Per le specie coltivate bisogna assicurarsi che sia presente il cartellino con l’identificazione precisa sulla pianta.
Per entrambi i gruppi di piante è valida la norma di educare i bambini a non mettere in bocca foglie o fiori o frutti di piante che non siano di uso comune.

Berretto del prete

Berretto del prete-04

Berretto del prete

Il Euonymus europaeus L. o Berretto del prete

oppure Corallini, Fusaggine, Fusaria comune
(Fam. Celastraceae)

di Aldo Ranfa

Vita da Berretto del prete

Morfologia

Specie arbustiva che può arrivare fino a 5 m d’altezza. Il fusto, a sezione quadrangolare, emana un forte odore di mela. I rami, opposti, di 3-6 anni hanno corteccia rossastra che lascia trasparire chiazze verdi, mentre i rami più giovani sono verdi, con punteggiature chiare evidenti. Le foglie, opposte, intere, hanno lamina ellittica o a forma di lancia, di colore verde-scuro nella pagina superiore, con apice acuto e dentellata ai bordi; in autunno si colorano di rosso. I fiori, regolari, ermafroditi, hanno 4 sepali, 4 petali di colore giallastro, parte riproduttiva maschile formata da 4 stami, parte riproduttiva femminile costituita da un ovario supero. I fiori sono portati da infiorescenze cimose, ascellari a maturità pendule. I frutti sono secchi (capsule), divisi in 4 lobi, arrossati a maturità, in cui si evidenziano i sepali persistenti ripiegati sul peduncolo, simulanti appunto i cappelli dei preti. Fiorisce da aprile a giugno.

Ecologia e distribuzione

Il Berretto da prete è comune in tutto il territorio nazionale da 0 a 1300 m s.l.m. I suoi ambienti di sviluppo naturali sono i boschi costituiti da specie a foglia larga, spoglianti, come le querce e i castagni, ma la possiamo trovare anche in mezzo alle siepi dei greti dei corsi d’acqua preferibilmente su terreni calcarei.

Curiosità

Il nome del genere deriva dai termini greci “éu=vero, bene, alla perfezione” e “ónoma=nome” quindi “di buon nome, buon auspicio”, con significato di pianta beneaugurante anche se tossica. L’aggettivo specifico rileva la sua distribuzione spontanea nel continente europeo.
Usi popolari e rimedi
Possiede le stesse proprietà cardiotoniche della Digitale (Digitalis L. spl.), anche se più blande e può essere utilizzata anche per stimolare lo svuotamento della cistifellea e come drastico purgante. Per uso esterno trova impiego come detersivo energico per le ulcerazioni favorendone, nello stesso tempo, la cicatrizzazione. La Fusaggine può essere usata anche contro la scabbia e altri parassiti del corpo umano come i pidocchi.

Bibliografia

  • Bulgarelli G., Flamigni S., 2014 – Le piante tossiche e velenose. Hoepli Editore, Milano.
  • Leporatti M.L., Posocco E., 1996 – Piante pericolose. Japadre Editore. L’Aquila
  • Ranfa, A., 2014 – Piante amiche e nemiche dell’uomo. 2a Edizione. Ali&no Editrice, Città di Castello, Perugia.
  • Stary F., Berger Z., 1987 – Piante velenose. Istituto Geografico De Agostini, Novara
  • Woodward L., 1985 – Piante velenose. Priuli & Verlucca Editori.

Sitografia